lunedì 4 febbraio 2013

Una parola in cerca di ascolto


Di noi giovani, forse, è rimasto solo l'eco.

Giovani e naulaureati: siamo in tanti, troppi e per la maggiore a casa e alla ricerca di. 
Il mio, come per molti oggi, rappresenta un ambito di lavoro ricco di domande e di forse… in tanti all’affermazione di voler fare la giornalista assumono un’espressione di stupore o forse di ammirazione; di sicuro, però, sono in pochi a invidiarmi. Forse, ammirano la mia tenacia. Tuttavia, questo non mi fa di certo passare la voglia di continuare, per realizzare questa mia grande passione, infatti, la determinazione e la buona volontà sono due punti a mio favore. Questo lo scrivo a nome di chi come me, sceglie di combattere per un Amore, per una Passione, sceglie di poter decidere del proprio futuro. 
Molto spesso sento parlare di govani in Tv, alla radio, ma anche per strada o al bar. Tante sono le voci, ma molto spesso ragazzi e ragazze prendono malvolentieri la parola. Sono sommerse, infatti, le loro grida delle quali, però, non rimane che l'eco. 

 
A parer mio c’è la paura di non essere ascoltati, di non essere minimamente considerati, di essere solo per questo penalizzati, scartati. Io, come molti della mia generazione, mi sento ai margini di una società che sembra voler fare a meno di me, che parla di me sempre in terza persona e mai rivolgendosi a me in un rapporto frontale, chiedendomi:“Tu cosa ne pensi?”. Di conseguenza, io mi sono creata una mia idea: “Agli “altri” quello che penso io semplicemente non interessa”. E così non mi chiudo nel mio “micro destino”, ma affronto la vita così come viene, che non vuol dire subirla, ma andrò a cercare ciò che voglio e mi soddisfa ovunque, vivendo con la stessa dignità vittorie e sconfitte. Ora, con la consapevolezza di questo sentimento che ci blocca e ci chiude la bocca (ma non il pensiero) ne unisco un altro, mio: l’indignazione. A volte in giro, vedo troppo rumore, troppo sfruttamento, ed ecco che il mio entusiasmo svanisce. L’euforia di diventare adulta scompare, e se da piccola mettevo il rossetto di mia madre per sembrar grande, oggi non vorrei più uscire di casa, vorrei rimanere nelle braccia dei miei genitori perché, fuori, sembra tutto troppo difficile o almeno così lo fanno apparire.

Voglio incolpare anche i media, di cui nonostante ciò vorrei farne il mio mestiere, perché troppo spesso alterano la realtà. Per il giornalista l’obiettività è forse un ideale, ma non per questo non bisogna aspirarvi, il suo compito è raccontare i fatti in una cornice di senso, anche perché farne specchio è davvero impossibile. E allora?  Oggi sembra tutto spettacolo, finto o vero che sia, noi siamo spettatori, consumatori, fruitori di un prodotto già bello e pronto. Ma non sono un fruitore della mia vita, io. Io voglio godere di quel bellissimo dono che Dio ci ha dato: il libero arbitrio. Sono artefice delle mie scelte, voglio migliorare questo mondo, e dico sì agli errori e alla fatica e a tutto quello che questo mondo ci porrà dinanzi.  Prendo un aereo dalla mia Sicilia per cercare qualcosa che mi possa appagare di più, ma questo non vorrà dire che sto fuggendo, no. Voglio attingere ciò che c’è di meglio in questo Paese meraviglioso di cui mi vanterei sempre. E poi un giorno apportare dove sarà necessario il mio piccolo contributo. Io sono qui, adesso e sto dicendo la mia, che qualcuno mi stia ascoltando o no. E spesso immagino e mi chiedo se qualcuno stia veramente ascoltando quei tanti giovani italiani con i loro sogni e le loro speranze, o se soltanto restano delle voci sovrapposte, dei lamenti, solo echi dispersi nel vento.

Forse, alla fine il mio era uno sfogo e avrò scritto cose anche già dette, ma le ripeto perché le penso anch’io e spero tanto che chi leggerà questo rullo di pensieri possa, almeno per un attimo, avermi “ascoltato”.




Lucia Geremia

Nessun commento:

Posta un commento

Commenti? Riflessioni?