Francesco: un nome, una garanzia. Non è uno slogan, è l'opinione pubblica. Che il nuovo papa stia dando buoni segni è incontrovertibile. Giornali, TV e i tanto adorati "salottini" non fanno che parlare dei suoi gesti, delle sue ultime parole, dimostrando stima e ammirazione. Sono emerse anche "cattive voci", su di un passato buio, ma le difese si sono aizzate subito contro, scaraventando le critiche al nuovo vescovo di Roma da dove erano venute, lontano. Si è parlato anche di una certa "demagogia" a mo' di un politico dei nostri giorni, con la sua dialettica, le sue "strategie", un'azione che perde di autorità, ma guadagna di facciata. In ogni caso, Papa Francesco promette bene in questi giorni: e questo è un dato di fatto.
Un' ulteriore conferma mi è stata data da un'amica che non aveva mai parlato (bene) della chiesa e pochi giorni fa, invece, si è spesa in tanti elogi per il nuovo Papa. Mi ha stupito.
Forse perché ad oggi siamo così stanchi delle chiacchiere, delle parole anche le più belle, che solo il gesto di Non mettere quelle scarpe, ma altre, anzi le sue di sempre, sorprende. Poi ne sono arrivati altri di gesti significativi e viene da dire: "Ma è così che deve essere!".
E se da un lato ci si congratula con la scelta del Conclave, dall'altro si nutre un certo timore. Per quell'uomo e per quello che per molti ora rappresenta.
Era ormai noto che anche l'Impero Vaticano fosse in crisi: crisi di persone e soprattutto di valori. Una chiesa amorale è meno peggio di una Chiesa immorale, laddove sbaglia e occulta con un velo impietoso lo sbaglio commesso. Oggi, sembra sia tornata la luce, per qualcuno accecante e anche questa celante di un "qualcosa", per altri è la luce della speranza. Perché alla fine, vuoi o non vuoi, ci fa bene vedere del buono nelle cose, anche se facciamo fatica a crederci. Perchè forse, anche solo una rondine può far primavera, se le altre scelgono di seguirla.
Sono le 19.05. Il bus è fermo nel traffico, una chiamata al cellulare: "La fumata è bianca!". Non credevamo che proprio quella sera, avremmo assistito a un momento storico. Ancora adesso ho impressa l'immagine della gente (compresa io) che corre nel viale, tra le auto, tra i motorini. Il ricordo di quel momento veloce, bagnato dalla pioggia, bizzarro e straordinario l'ho accomunato a un momento "tragico" in cui la gente fugge da qualcosa, si appresta a sopravvivere, ma in questo caso, fortunatamente, a vivere quel mitico passaggio della storia. E con gli occhi del mondo puntati sul loggione centrale di San Pietro, e i miei di occhi sulla costellazione di cellulari, Tablet sospesi in aria. C'era tensione, attesa, speranza. Pioggia o non pioggia, la gente bandì subito gli ombrelli, i cappelli e le persone troppo alte erano viste di malocchio. Poveri noi. Poi, finalmente, le urla di gioia alla vista di una luce, di un'ombra, fecero dimenticare tutto il resto. Non c'era più tempo di trovare la visuale giusta, il papa, era arrivato.
Tutti agognanti delle sue parole, pendenti dalle sue labbra perché si aprissero nel modo più semplice e bello: "Fratelli e sorelle...(pausa) buona sera, sapete che il dovere del Conclave era dare un papa a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali sono andati a prenderlo quasi alla fine del mondo... Ma siamo qui". E la gente aveva immediatamente compreso che portava liete notizie.
Dalla fine del mondo per ritrovarsene al centro, in mezzo a noi, a quelle luci, a quelle facce, umidicce e stanche della giornata di lavoro. Ma eravamo lì. Vicini e lontani, credenti e non. In attesa dell'uomo giusto.
Articolo correlato: "Francesco: il Papa riformatore" (di Lucia Geremia) :
http://www.universalnews.it/public/notizie.php?not=23443
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Un post acuto ed intenso (mi hai fatto emozionare!)
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