Da piccola amavo le scale mobili, divertendomi a salire e scendere per quella "giostra", senza curarmi del fatto che cadendo avrei perso quasi un piede... Oggi, anche quando penso di avere fretta, adoro le scale mobili in salita e in discesa, ma non solo perché la pigrizia vince sempre contro di me, ma anche perché ritrovo me stessa in quel tempo lento che mi divide da ciò che lascio alle spalle e quello che intravedo di fronte, vicino e lontano, divisa tra la voglia di accorrere all'arrivo o lasciarsi trascinare...
Oggi, giorno di saluti, una scala mobile mi ha diviso dalla persona che stavo salutando. Piano piano, quella "odiosa" scala mi portava via, mi allontanava sempre di più, non potevo fare un passo oltre, ma non resistevo un altro attimo ferma, immobile.
Poi, mentre aspetti, si attiva quella "famosa" pellicola: famosa, perché la trama è sempre la tua vita, proiettata dinanzi ai tuoi occhi, in un momento volante, quello stupido momento in cui aspetti alla fermata, stai seduta sul bus, sul sedile di un treno, con il tuo riflesso immerso nel finestrino, nel paesaggio retrostante. Niente libro, scegli di leggere la tua di storia e per una volta, di ascoltarti.
"Il viaggio sull'autobus non mi dispiace", l'ho sentito spesso. A me neanche, proprio per questo motivo. Forse ne avevamo già parlato di quegli splendidi momenti in cui ti senti con un piede qua e un altro lì, chiedendoti fino a che punto una delle due sponde tratterrà il tuo peso. Fino a quando, la tua testa impegnata quotidianamente in rocamboleschi pensieri, sopporterà questa matassa.
Eh sì. Perché una matassa si crea con dei fili, come dice un film comico e non, anche con i fili della ragione che pensiamo di avere e che col tempo si allungano, si attorcigliano e finiscono per creare quella brutta matassa. Alla fine, però, per scioglierla basterebbe un attimo: basterebbe metterla via.
Una matassa è quella del pomeriggio, in cui ti viene quel brutto mal di testa, perché non sai cosa fare prima. La matassa è quel fastidioso mal di stomaco, perché l'ansia, il nervosismo brucia e divora dentro.
Malgrado tutto, queste possono essere piccole matasse. All'inizio.
Poi ci sono matasse ingombranti, che non stanno solo sotto i letti, ma ingombrano intere case.
Pensi che non ci siano, ma sei tu ad evitarle. Sono i fili che ti legano alle persone con cui hai chiuso male un conto, con cui hai sbagliato tono, parole e modo di fare. Ed eccoli lì: i fili della discordia.
E così oggi, aspettando che la scala mobile arrivasse giù, che il mezzo di trasporto pubblico giungesse, mi sono interrogata. Sulla mia "partenza" e sul mio arrivo. Perché nella corsa, come sappiamo, la partenza è fondamentale se vuoi arrivare, se vuoi vincere e raggiungere il tuo premio, ma non tanto quello che vorrebbero tutti.
Poi la mente è volata, è scivolata sulle "matasse", sui fili della zizzania che rovina amicizie e famiglie, che rovina persone e indurisce i cuori. L'uomo è fatto dalle sue relazioni, prende forma dal suo essere con gli altri, dal suo voler essere altro, per trovare conciliazione con se stesso, insieme agli altri. Ma non è per niente facile, anzi, davvero il tutto rischia di assumere le condizioni di un ammasso di filo avvolto in maniera intricata.
Uno squillo: il mio cellulare. Torno su questo mondo chiedendomi come sia riuscita ad arrivare a questo ragionamento ed in cerca di una morale ho trovato la risposta in un proverbio:
"Trovare il bandolo della matassa", ovvero ripartire dal punto di partenza per risolvere una situazione difficile.Ma non sempre "risolvere" è sinonimo di ripartire. Forse, significa continuare col senno di poi, consapevoli del fatto che se non c'è una brusca deviazione, il bus arriva.
Altrimenti, inizia a correre: sei già in ritardo...!
Lucia G.
Una "spirale di pensieri e parole" avvinghiate in questo breve resoconto...
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